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sabato 31 marzo 2007

30 novembre 2006: Rhcp live in Milano

Oggi ho visto per la prima volta il video della loro "Desecration smile" e a quattro mesi di distanza mi è tornato in mente il loro concerto ad Assago. Alle 15 appuntamento per partire: Flà, Laila, Sandro, Nicolò, Numero 2, Numero 3, Numero 4, Numero 5 ed io (non metto la foto della partenza perche Nicolò e i Numero sono minorenni...). Che viaggio! Sandro alla guida del pulmino e noi tutti a cantare e a giocare con le canzoni dei Red Hot. Ci aspettavano 8 biglietti in tribuna numerata, ma Laila ed io non ne eravamo convinte... Infatti come poco dopo le 22 hanno attaccato con Can't Stop... siamo scappate e siamo andate in mezzo al casino :D ... Che pogate
con Californication e soprattutto con By the Way ( in effetti il giono dopo ero al pronto soccorso con una presunta frattura al mignolo della mano sinistra :D ). Eccolo qua a destra Anthony Kiedis in tutto il suo splendore... certo che se si fosse tolto gilet e maglietta, sarebbe stato ancora più splendido... ma sono finiti i tempi dei concerti suonati in totale nudità... Peccato. E quando il batterista Chad Smith è entrato verso fine concerto con la maglietta degli azzurri campioni del mondo (forse si riesce ad intravederlo nella foto sotto a destra) e tutti noi ad urlare "po-popopopopo-po"... E come giocava con le bacchette, cosa che mi è stata riferita, perchè devo dire che dopo essere scesa nel casino non ho visto più molto, ma Dio solo sa quanto Laila ed io ce lo siamo godute... E' impressionante come migliaia di sconosciuti riescano a stare insieme a stringere amicizia e a divertirsi nello stesso modo... davvero... Ricordo le amicizie fatte ai concerti, soprattutto durante le lughe attese aspettando che i cancelli aprissero... mamma mia che bei tempi quelli... Ora sono "diventata grande" e non passo più le mie giornate per stare fuori dagli stadi... anche se spero prima o poi di rifare un'esperienza simile... magari come quella al concerto degli Aerosmith a Milano nel maggio del lontano 1997 (cazzolina, sono pasati già 10 anni!!!). Grazie ai miei compagni di viaggio, a Sandro che ha messo a disposizione il suo pulmino, a Tania che ha girato con me per mezza Milano in un'afosa giornata di agosto per trovare dei biglietti decenti, grazie a tutte le persone che stanno dietro per l'organizzazione di un'evento simile (anche se per il gruppo di supporto si poteva trovare di meglio) e grazie ai Red hot che, anche se hanno cantato solo per un paio d'ore, hanno reso questa esperienza non indimenticabile, di più. Chissà se riusciremo ad organizzarci per andare a vederli a Udine...Comunque... è doveroso, visto che mi ha riportato alla memoria questa esperienza, aggiungere il loro nuovo video







All alone not by myself
Another girl bad for my health
I've seen it all thru someone else
(Another girl bad for my health)

Celebrated but undisturbed
Serenaded by the terror bird
It's seldom seen but it's never heard
(Serenaded by the terror bird)

Never in the wrong time or the wrong place
Desecration is the smile on my face
The love I made is the shape of my space
My Face my face

Disinigrated by the rising sun
A rolling blackout of oblivion
And I'd like to think that I'm your number one
(A rolling blackout of oblivion)

I wanna leave but I just get stuck
A broken record runnin' low on luck
There's heavy metal coming from your truck
I'm a (A broken record running low on luck)

Never in the wrong time or the wrong place
Desecration is the smile on my face
The love I made is the shape of my space
My Face my face

We could all go down to
Malibu and make some noise
Coca Cola doesn't do the justice
She enjoys
We could all come up with
Something new to be destroyed
We could all go down

I love the feeling when it falls apart
I'm slow to finish what I'm quick to start and
Beneath the heather lies a meadowlark
And I'm
(Slow to finish what I'm quick to start)

Come si evince da questo loro nuovo ultimo video, sono quattro pirilli che, nonostante tutte le traversie che hanno passato (droga, alcool, crisi totale per Frusciante), si vogliono bene. Ma questa è un'altra storia...

venerdì 30 marzo 2007

Hung up






Time goes by so slowly [x6]

[Chorus]
Every little thing that you say or do
I'm hung up
I'm hung up on you
Waiting for your call
Baby night and day
I'm fed up
I'm tired of waiting on you

Time goes by so slowly for those who wait
No time to hesitate
Those who run seem to have all the fun
I'm caught up
I don't know what to do

Time goes by so slowly [x3]
I don't know what to do

[Chorus x2]

Ring ring ring goes the telephone
The lights are on but there's no-one home
Tick tick tock it's a quarter to two
And I'm done
I'm hanging up on you

I can't keep on waiting for you
I know that you're still hesitating
Don't cry for me
'cause I'll find my way
You'll wake up one day
But it'll be too late


Che dire di questa canzone? Perchè l'ho inserita? Beh... che dire del pezzo in cui dice "Da ogni piccola cosa che dici o fai io pendo, io pendo da te. Aspettando che chiami. Sono stufa, sono stanca di stare ad aspettarti" e meglio ancora quando dice "Non posso continuare ad aspettarti, lo so che stai ancora esitando. Non piangere per me, perchè troverò la mia strada tu ti sveglierai un giorno, ma sarà troppo tardi...."
Cosa aggiungere? Solo questo... che la donna descritta in questa canzone è una donna con le palle... Ragazze... facciamoci furbe...

mercoledì 21 marzo 2007

La morte del Duce

Tra le 16 del 27 aprile del 1945 e le prime ore del giorno successivo si compie il destino dell'uomo prima più amato e poi più odiato dagli Italiani. Oltre 20 anni della nostra storia si concludono così amaramente in una tragedia la cui fine, però, non è ancora stata scritta.

Mussolini viene scortato dagli uomini della 52° brigata "Garibaldi" al comune di Dongo. Pedro e Bill lo accompagnano dal sindaco, l'avvocato Rubini, in attesa di ordini; intanto comunicano alla sede milanese del CLN l'avvenuta cattura del dittatore e di tutto il suo seguito. La notizia giunge anche al comando generale americano. Claretta Petacci viene anche lei ospitata nel Municipio, ma in un'altra stanza. Il neo sindaco per circa un'ora si intrattiene con il suo particolare ospite in attesa di consegnarlo agli Alleati con tutti gli alti gerarchi. E' noto a tutti, infatti, che le clausule dell'armistizio firmato l'8 settembre del 1943 dai rappresentanti del Governo legittimo italiano con gli alleati, prevedevano al consegna del Duce e di tutti i suoi collaboratori alle autorità angloamericane. Non solo, ma anche il premier britannico Churchill, si era espresso in merito alla questione con una nota riservata che non lasciava alcun equivoco: "La consegna del capo dei "diavoli" con i suoi complici deve essere considerata un obiettivo importante che dobbiamo cercare di realizzare con tutti i mezzi in nostro possesso". Il colloquio tra Mussolini e il sindaco di Dongo e stato riportato solo nel 1993 grazie ad alcuni manoscritti. Il sindaco si comporta come se davanti a sé non si trovi un prigioniero, un nemico, ma un uomo degno di rispetto e di considerazione, un uomo che, a torto o a ragione, ha governato il Paese per lunghi anni con il consenso del popolo.

Nella tarda serata del 27 aprile, giunge al CLN di Milano dellacattura di Mussolini. I quattro esponenti del Comitato insurrezionale antifascista

Longo - capo del PCI nell'Italia del nord e delle Brigate Garibaldi;

Pertini - segretario del PSI;

Leo Valiani - segretario del Partito d'azione ed

Emilio Sereni - esponente del PCI

decidono la condanna a morte di Mussolini.

Leo Valiani, in un articolo pubblicato sul Corriere della Sera, scrive:

" Sono al lavoro all'Italia libera, deve essere passata la mezzanotte quando mi telefona Sereni, che è al comando generale, credo con Longo e Pertini. E' giunto un radiomessaggio alleato che chiede la consegna di Mussolini. Non c'è che da fucilarlo immediatamente. Questa era l'opinione di Sereni, Longo e Pertini; è anche la mia e, dunque, di tutto il Comitato insurrezionale..."

In realtà i quattro interpretano alla lettera gli ordini ricevuti qualche tempo prima da Palmiro Togliatti il quale, incaricato da Stalin di comunistizzare il paese, aveva deciso che il Duce doveva essere giustiziato rapidamente e sommariamente per evitare di farlo cadere vivo in mano degli Alleati, certo che questi ultimi non lo avrebbero condannato ma, al contrario, avrebbero presto o tardi usufruito del suo carisma per tenere lontano dalla Nazione lo spettro del Comunismo. Come fare allora si sono chiesti i quattro del Comitato insurrezionale, per eseguire rapidamente la sentenza prima che il duce possa essere consegnato agli Alleati?

Per prima cosa Longo impone a Cadorna, attraverso Valiani, di firmare un documento che rechi l'ordine per l'uccisione di Mussolini e dei suoi gerarchi. Cadorna anche se non d'accordo, non è in grado di opporsi alla decisione presa e, anche se sul documento mancano o vengono contraffatte firme importanti come quella del Parri (del tutto all'oscuro della triste faccenda), l'ordine scritto per l'esecuzione del Duce, assume un connotato di ufficialità, in quanto emesso dal CLN.

L'immagine di facciata che i quattro costruiscono per la storia comincia a delinearsi: prima delle 7 del 28 aprile Longo e Pertini impartiscono delle precise disposizioni al partigiano Giovanbattista Mignoli, al secolo ragionier Walter Audisio. Su questo incontro si costruirà il castello della menzogna, eretto in pochi minuti e tenuto in piedi per oltre mezzo secolo.

Secondo la versione ufficiale, Longo affida al "Colonnello Valerio" la cui identità rimarrà sconosciuta fino al 1947, l'ordine di partire per Dongo per giustiziare Mussolini. Ma la verità che comincia a delinearsi già dal '56 grazie a Franco Bandini e successivamente da Giorgio Pisanò, è ben diversa... Longo, quella mattina del 28 aprile del '45 ordina ad Audisio di recarsi a Dongo per prelevare Mussolini e codurlo a Milano per consegnarso agli alleati. Audisio viene accompagnato a bordo di una Fiat 1100 nera da Aldo Lampredi, fedelissimo di Longo e affiancatogli da questi per depistarlo e per controllarlo. A seguito loro c'era un camion con un gruppo di dodici partigiani... si dice che alcuni abbiano rifiutato "l'invito" forse intuendo la verità...

"L'Italia doveva e voleva farsi giustizia da sè. La Resistenza non poteva rinunciare a questo atto finale, per delegarlo alle truppe alleate ed ai loro tribunali. Tra l'altro ho molti dubbi che in questo caso Mussolini sarebbe stato condannato a morte" dichiarerà il capo delle Brigate Garibaldi anni dopo al settimanale Panorama. Mussolini però non si trova più a Dongo, ma è stato trasferito da "Bill" e da "Pedro" a Germasino. Al rientro a Dongo Pedro (anche se c'è chi sostiene fosse Bill) va a trovare Claretta che si trova ancora ospite in una stanza del Municipio. La signora Petaccim che ha tenuta segreta la sua vera identità perchè in possess odi un passaporto spagnolo, si rivela soltanto quando Pedro le porta i saluti del Duce. Anzi, a questo punto, chede al capo partigiano di permetterle di ricongiungersi con lui, e Pedro l'accontenta. Con alcuni dei suoi riparte per Germasino: il suo scopo è quello di prelevare il Duce e di trasferirlo in un altro luogo ancora più sicuro. Il corteo quindi parte per Brunate. A Mussolini viene fasciata la testa, come se si trattasse di un ferito, per scongiurare l'eventualità che possa essere riconosciuto. Nei pressi di Moltrasio però, il corteo è costretto a cambiare direzione, perchè in lontananza si odono degli spari, e il capitano "Neri" suggerisce Bonzanigo, dove nelle vicinanze abita una famiglia di sua conoscenza, di indubbia fede partigiana. Verso le 4:30 del matino Mussolini e la Petacci entrano in una stanza al primo piano di un tranquillo cascinale di proprietà dei De Maria.

Da questo momento in poi la storia, quella che almeno fino ad oggi abbiamo conosciuto come tale, è stata scritta non dalla storia stessa, ma da alcuni uomini che avevano deciso di nascondere per sempre la verità contrabbandando come tale quella storia da loro creata e voluta. Ancora oggi quella storia non è stata ufficialmente cambiata, anche se molte verità si sono aggiunte e sono state riconosciute grazie allo sforzo di alcuni giornalisti che hanno fornito prove documentate e testimonianze. Non sto qui a scrivere la versione ufficiale, perchè tutti oramai la conosciamo e soprattutto perchè è stata smentita da numerose altre testimonianze. Mi fa comunque sorridere la fantasia che hanno avuto dicendo che " Mussolini continuava a balbettare, tremare, immobile, con la bocca semiaperta e le braccia a penzoloni". Ma come sono andate veramente le cose?

Prima di tutto il duce era stato tutt'altro che remissivo, anzi aveva affrontato il mitra di Valerio andandogli incontro e che la Petacci tutto'altro che stordita e fuori di sè, si era lanciata sul Duce per proteggerlo rimanendo colpita a sua volta. Ed è dal '56 che comincia a diffondersi una voce, secondo la quale il PCI aveva imposto a tutti coloro che avevano partecipato all'esecuzione di Mussolini il silenzio per ben 50 anni. La contravvenzione alle disposizioni impartite si paga solo con la morte. Ed infatti subito dopo la guerra, scompaiono in circostanze misteriose alcuni personaggi che avevano partecipato alla spedizione finale.

Mussolini e la Petacci vengono prelevati da casa De Maria intorno alle 9 del mattino. Si sentono degli urli e due spari. L'autopsia del Duce rivelerà due ferite non mortali al braccio ed all'anca. Mussolini viene fatto uscire e consegnato ad altri partigiani che lo cconducono nel cortile, mentre la Petacci resta nella stanza. Benito Mussolini, legato come un "cane tignoso", così come lo aveva definito Sandro Pertini, ad un catenaccio posto sulla porta di legno della stalla che dà sul cordile di casa De Maria, muore poco dopo le 9 di mattina di quel 28 aprile del 1945. A sparargli è quasi certamente Luigi Longo che scarica 7 colpi all'altezza del petto. Il corpo di Mussolini viene abbandonato per circa due ore legato alla porta della stalla. Verso le 12 riprende l'agitazione e vede sfilare un singolare corteo che attraversa le astadina antistante l'abitazione. Ci sono due uomini che sorreggono a braccia un terzo uomo coperto da cappotto e da un passamontagna, e poi c'è una donna che piange ed urla: indossa una pelliccia, ha sotto braccio una borsetta ed in mano un foulard. Tra un singhiozzo e l'altro si aggrappa con forza alle gambe del morto portandogli via uno stivale. "Cosa vi hanno fatto! Come vi hanno ridotto!" urla piangendo. Qualcuno ( Alfredo Mordini), fa partire una raffica alle spalle della poveretta urlando in francese: "Taci puttana". La frittata è fatta. Lino e Gianna con addosso il cappotto di Claretta, la pelliccia sul braccio ed un foulardi n testa, ed un'altro partigiano con addosso il cappotto, una sciarmpa ed il cappello di Mussolini ben calato sulla fronte. Alla piazzetta del lavatoio si ricongiungono con gli altri salendo su un'auto nera che, poco dopo, si ferma favanti a Villa Belmonte. A terra ci sono già i due cadaveri. Alle 16 circa la finta fucilazione Poi i corpi vengono coperti con i cappotti subito fatti sparire perchè qualcuno si era accorto che mancavano su di essi i fori dei proiettili. Alle 17 e 48 del 28 aprile, il plotone di esecuzione abbatte sedici persone tra cui anche Pietro Calistri, assolutamente estraneo, colpevole solo di aver chiesto uno sciagurato passaggio alla colonna fermata a Musso. Doveva andare in licenza.

Prima che tutto questo avvenisse, però, sembra che qualcuno abbia effettivamente tentato di salvare Mussolini: Cadorna, Pedro, Bill, Giovanni Dessy, Colombo.

Piuttosto nebulosa invece è la posizione inglese. Non si sa infatti, se l'intelligence britannica abbia operato per salvare Mussolini o per assicurarsi che fosse eliminato inseieme alla Petacci. Il motivo? Evidentemente il Duce e, di riflesso, la sua compagna, sapevano qualcosa che assolutamente non doveva saltar fuori per non compromettere l'onorabiltà e la rispettabilità della politica inglese e dei suoi rappresentanti. Il riferimento a Winston Churchill non è assolutamente casuale. Quante volte negli ultimi tempi il duce aveva fatto riferimento ai suoi preziosi dicumenti, tenuti con sè fino agli ultimi istanti, che avrebbero stravolto i lgiudizio sulla storia. Non è escluso, infatti, che insieme a Longo ed ai giustizieri di Mussolini, fosse presente un fantomatico esponente inglese, tale John più volte menzionato da qualche storico non allineato. Alle 3 del mattino del 29 aprile 1945, lautocarro contenente i corpi di Mussolini, della petacci e dei sedici giustiziati a Dongo, dopo aver attraversato Corso Sempione, arriva a piazzale Loreto. I corpi vengono scaricati per terra, nei pressi della pensilina di un distributore di benzina, scelta del luogo non casuale... Il corpo di Mussolini viene affiancato a quello di Claretta e qualcuno, senza dubbio in segno di scherno, adagia il suo capo sul petto della donna e gli mette nellamano destra un labaro della RSI. Un'immagine terribile, feroce, patetica e grottesca al tempo stesso. Alle prime luci dell'alba i primi passanti incuriositi guardano in mezzo a quell'orrore. Qualcuno riconosce Mussolini e la voce si diffonde. In poco tempo la piazza si riempie e la calca comincia a diventare incontenibile. Alcuni esagitati scaricano la pripria rabbia su quei poveri corpi coprendoli di sputi e di calci. Nelle tristi immagini girate a ricordo di quei momenti terribili, si vede la scarpa di una donna che con ferocia sferra un calcio sulla testa tumefatta del Duce. I vigili del fuoco sono costretti ad intervenire con gli idranti per disperdere la folla che, incuriosita, si stringe sempre di piu' intorno al cerchio che racchiude i 18 corpi. Ma si aggiunge un corpo, quello di Achille Starace, ex segretario del Partito Fascista che oramai vive in solitudine lontano dalla politica. Sceso in strada in tuta da ginnastica, qualcuno lo riconosce e lo porta immediatamente in piazzale Loreto davanti agli altri gerachi. Lo condannano sbrigativamente in nome di un sedicente "tribunale del popolo" e lo uccidono senza pietà. Per motivi di ordine pubblico o forse per permettere a tutti di vedere bene quei corpi martoriati, sette delle 19 vittime, vengono issate e legate per i piedi ai tralicci della pensilina del distributore. Un idiota, uno di quelli che erano saliti sul traliccio per fissare i piedi dei poveri corpi alle trav, si diverte con un'asta a far girare i corpi urlando: "E adesso, chi volete vedere?". Ovviamente in pirmo piano penzolano i corpi di Mussolini e della Petacci. Un sacerdote si accorge che Claretta non indossa gli slip, ed a testa in giù la gonna le ricade sul corpo. Con dello spago fissa la gonna alle gambe evitando quell'ulteriore insulto. Il motivo per cui, nonostante la Petacci fosse "indisposta", non indossasse le mutandine, rimane un mestero. Tutti i giustiziati vengono piu tirati giù grazie all'intervento del colonnello Charles Poletti, caricati su alcuni camion e trasferiti alla camera mortuaria del Cimitero Monumentale. Alle 7 e 30 del 30 aprile nella sala anatomica dell'obitorio comunale, il corpo di Mussolini è sottoposto ad autopsia. Ad eseguirla è il prof. Mario Cattabeni assistito dai professori Emanuele D'Abundo ed Enea Scolari. E' presente anche un generale medico del CVL: "Guido" incaricato di controllare ogni cosa. L'esame necroscopico rivela subito che il corpo è stato fatto segno a numerosi colpo inferti post-motem sia con oggetti contundenti sia con punteruoli ed armi taglienti e da sparo di ogni tipo. Il cranio è schiacciato in più parti con fuoriuscita di materia cerebrale, il volto sfigurato, alcuni arti quasi staccati. Nove sono i proiettili che hanno colpito il Duce quando ancora era in vita, gli altri 6 colpi sono stati esplosi post-mortem. L'esame, inoltre, non evidenzia alcuna traccia di cibo nello stomaco. Nonostante il corpo della Petacci si trovi vivino a quello di Mussolini, su di lei non viene effettuata alcuna autopsia. Cosa poteva risultare di così compromettente dall'analisi necroscopica della Petacci?

Ancora più tormentata è la vicenda legata alle spoglie di Mussolini che non trovano pace per ben dodici anni prima di essere tumulate nella tomba di famiglia a Predappio nel cimitero di San Cassiano... ma questa è un'altra storia.
Queste informazioni sono tratte dal libro " Mussolini - Duce si diventa" di Remigio Zizzo... E' una miniera di informazioni... lo consiglio a tutti gli appassionati dell'argomento...

lunedì 19 marzo 2007

Il primo passo



Accettami così, ti prego non guardare,
nella mia testa c'è un mondo da ignorare
voglio che tu sia mia complice discreta,
accettami e sarai la mia bambola di seta
accettami e vedrai, andremo fino in fondo,
non pensare a cosa è giusto e cosa sta cambiando,
andiamo al polo nord o al sud se preferisci,
accettami ti prego dimmi che ci riesci
non ho detto mai di essere perfetto,
se vuoi ti aiuto io a scoprire ogni mio difetto,
se ne trovi di più, ancora mi sta bene,
basta che restiamo ancora così insieme.
amo amo è qualcosa che si muove
su e giù per lo stomaco più freddo della neve
amo amo è un buco alla ciambella,
la sua dolcezza effimera la rende così bella.
accettami e vedrai, insieme cresceremo,
qualche metro in più e il cielo toccheremo,
più alti dei giganti più forti di Godzilla,
faremo una crocera su una nave tutta gialla,
andremo su un'isola che sembra disegnata,
con colori enormi e un mare da sfilata
per quanto mi riguarda ho fatto già il biglietto,
ti prego non lasciarlo accanto a un sogno in un cassetto.
amo amo è qualcosa di speciale,
su e giù per lo stomaco è come un temporale
amo amo è il sugo sulla pasta
finché non è finito non saprò mai dire basta
amo amo è un dono di natura
perché la nostra storia non è solo un'avventura
amo amo è una semplice canzone
che serve a me per dirti che sei una su un milione.

Questa è stata la colonna sonora del mio fine settimana... Che dire? E' successo quello che oramani non speravo più: il vecchio Flavio non era andato via, era solo nascosto chissà dove... Da tempo non stavamo in auto ad ascoltare vecchie canzoni guardando le luci in fondo... da tempo non stavamo accucciolati sul divano ed io non avrei voluto essere da nessun'altra parte se non lì... da tempo non mi prendevi così tra le tue braccia... da tempo non mi sentivo così tra le tue braccia...da tempo non andavamo a mangiare fuori solo tu ed io... e da tempo non eri così... Ho il cuore colmo di gioia come mai ricordo di averlo avuto... Non so come andrà a finire tra noi due... ci stiamo lavorando... entrambi... e siamo riusciti finalmente a fare il primo passo affinchè la nostra storia continui e perchè i nostri 9 anni insieme non vadano in fumo.
Grazie... per non avermi mai chiesto di cambiare,
grazie per avermi tenuta con te,
grazie per aver creduto in noi due, nonostante quello che ho fatto,
grazie per tutte le volte che mi hai sopportata,
grazie per tutte le volte che io cerco rogna e tu nn mi dai filo,
grazie per non avermi mai insultata,
grazie per come mi rispetti...

mercoledì 14 marzo 2007

E' tempo di donare...



Che cosa rappresenta questa fotografia? Probabilmente nessuno lo sa... E' il centro di ricerca contro il cancro di Candiolo o più precisamente la Fondazione Piemontese per la Ricerca sul Cancro ONLUS. E' nata nel 1986 e raccoglie fondi in tutto il Piemonte per realizzare il centro di Candiolo e finanziare importanti progetti di ricerca.Tale opera è svolta attraverso la raccolta delle offerte, azioni di marketing, iniziative e manifestazioni, anche con l'aiuto dei propri Delegati e di sostenitori attivi.Dalla sua costituzione essa ha raccolto e investito 118 milioni di euro nella lotta contro il cancro grazie ad una straordinaria risposta di solidarietà, che ha già coinvolto oltre un milione di sostenitori privati, aziende, enti ed istituzioni del Piemonte. Tutto ciò che è stato fatto, così come ciò che resta ancora da compiere, è reso possibile dalla grande generosità di chi ha scelto di condividere concretamente il nostro progetto.

Io conosco il cancro, ha portato via da me componenti importanti della mia famiglia... ed è per questo che sostengo il centro economicamente da parecchio tempo... la mia prima donazione è stata nel 2000 quando di comune accordo con il mio allora futuro marito, decidemmo di donare i soldi delle nostre bomboniere...

Non sono nessuno per chiedere di donare dei soldi a questo centro... ma un modo per fare beneficienza senza sborsare nulla esiste...

E' tempo di Cud, è tempo di 730...

Grazie alla legge 266/05 (Finanziaria 2006), puoi destinare il cinque per mille della tua IRPEF a favore della Fondazione Piemontese per la Ricerca sul Cancro ONLUS.

tutti i modelli per la dichiarazione dei redditi avranno uno spazio dedicato al cinque per mille. Lì troverai quattro possibilità fra cui scegliere. Se decidi di devolvere il tuo "cinque per mille" alla Fondazione Piemontese per la Ricerca sul Cancro ONLUS, firma nel primo riquadro, quello delle organizzazioni non profit, e inserisci il codice fiscale 97519070011... ecco due esempi pratici...





Diamo una mano a sconfiggere il cancro prima che lui lo faccia con noi...

Per eventuali informazioni, altri tipi di donazioni o semplicemente volontariato, visitare il sito

www.fprconlus.it




giovedì 8 marzo 2007

Festa della Donna


Le origini della festa dell'8 Marzo risalgono al lontano 1908, quando, pochi giorni prima di questa data, a New York, le operaie dell'industria tessile Cotton scioperarono per protestare contro le terribili condizioni in cui erano costrette a lavorare. Lo sciopero si protrasse per alcuni giorni, finché l'8 marzo il proprietario Mr. Johnson, bloccò tutte le porte della fabbrica per impedire alle operaie di uscire. Allo stabilimento venne appiccato il fuoco e le 129 operaie prigioniere all'interno morirono arse dalle fiamme. Successivamente questa data venne proposta come giornata di lotta internazionale, a favore delle donne, da Rosa Luxemburg, proprio in ricordo della tragedia. ricordo della tragedia. Questo triste accadimento, ha dato il via negli anni immediatamente successivi ad una serie di celebrazioni che i primi tempi erano circoscritte agli Stati Uniti e avevano come unico scopo il ricordo della orribile fine fatta dalle operaie morte nel rogo della fabbrica. Successivamente, con il diffondersi e il moltiplicarsi delle iniziative, che vedevano come protagonistele rivendicazioni femminili in merito al lavoro e alla condizione sociale, la data dell'8 marzo assunse un'importanza mondiale, diventando, grazie alle associazioni femministe, il simbolo delle vessazioni che la donna ha dovuto subire nel corso dei secoli, ma anche il punto di partenza per il proprio riscatto. Ai giorni nostri la festa della donna è molto attesa , le associazioni di donne organizzano manifestazioni e convegni sull'argomento, cercando di sensibilizzare l'opinione pubblica sui problemi che pesano ancora oggi sulla condizione della donna, ma è attesa anche dai fiorai che in quel giorno vendono una grande quantità di mazzettini di mimose, divenute il simbolo di questa giornata, a prezzi esorbitanti, e dai ristoratori che vedranno i loro locali affollati, magari non sanno cosa è accaduto l'8 marzo del 1908, ma sanno benissimo che il loro volume di affari trarrà innegabile vantaggio dai festeggiamenti della ricorrenza. Nel corso degli anni, quindi, sebbene non si manchi di festeggiare queste data, è andato in massima parte perduto il vero significato della festa della donna, perché la grande maggioranza delle donne approfitta di questa giornata per uscire da sola con le amiche per concedersi una serata diversa, magari all'insegna della "trasgressione", che può assumere la forma di uno spettacolo di spogliarello maschile, come possiamo leggere sui giornali, che danno grande rilevanza alla cosa, riproponendo per una volta i ruoli invertiti.
Mi sento di dire: cara donna, tieni fermi gli ormoni per occasioni migliori; caro uomo, al posto di regalare le mimose, impara a rispettare veramente le donne.

Per celebrare la festa della donna, bisogna comportarsi come gli uomini?

mercoledì 7 marzo 2007

Orrori...


Nei paesi a dittatura comunista non c'è libertà! Le idee più diffuse sul Comunismo, o l'idea più semplificatae più corrente di esso, sono semplicemente un'idea che non corrisponde quasi in nulla alla realtà. La scure giacobina, ossia il governo italiano del centro sinistra, sta pianificando la rimozione ed il monitoraggio di tutti quei siti ritenuti dannosi e contro la storiografia ufficiale: il sito di Fabio Galante, è uno di questi. In Italia la libertà di espressione, per alcuni, non è piu' garantita.Il Novecento è stato caratterizzato principalmente dalle centinaia di migliaia di vittime del comunismo, ed è giusto che questo venga finalmente reso pubblico. E' ora di far luce su quei punti oscuri della storia nascosti per 70 anni! I Regimi Comunisti, per consolidare il loro potere, hanno fatto del Crimine di Massa un autentico sistema di governo. La strategia del terrore è al centro del loro potere. Dove è passato il comunismo, o dove purtroppo regna ancora, non risulta esserci mai stata tutta questa libertà, tutto questo amore tanto enfatizzato dai "falsi profeti rossi".Il Novecento è stato caratterizzato principalmente dalle centinaia di migliaia di vittime del comunismo, ed è giusto che questo venga finalmente reso pubblico. E' ora di far luce su quei punti oscuri della storia nascosti per 70 anni! I Regimi Comunisti, per consolidare il loro potere, hanno fatto del Crimine di Massa un autentico sistema di governo. La strategia del terrore è al centro del loro potere. Dove è passato il comunismo, o dove purtroppo regna ancora, non risulta esserci mai stata tutta questa libertà, tutto questo amore tanto enfatizzato dai "falsi profeti rossi".
Le vittime italiane dei Lager di Tito
(evviva il comunismo, evviva la libertà)
Giuseppe Spano aveva 24 anni e molta fame. In poco più di un mese aveva perso oltre 20 chili ed era diventato pelle e ossa. Quel 14 giugno 1945 non resistette e rubò un po' di burro. Fu fucilato al petto per furto.
Ferdinando Riechetti aveva 25 anni ed era pallido, emaciato. Il 15 giugno 1945 si avvicinò al reticolato per raccogliere qualche ciuffo d'erba da inghiottire. Fu fucilato al petto per tentata fuga.
Pietro Fazzeri aveva 22 anni e la sua fame era pari a quella di centinaia di altri compagni. Ma aveva paura di rubare e terrore di avvicinarsi al reticolato. II 1° luglio 1945 morì per deperimento organico.
In quale campo della morte sono state scritte queste storie?
A Dachau, a Buchenvald oppure a Treblinka?
No, siamo fuori strada:
Questo è uno dei lager di Tito!
Borovnica, Skofja Loka, Osseh. E ancora Stara Gradiska, Siska, e poi Goli Otok, I'Isola Calva.
Pochi conoscono il significato di questi nomi. Dachau c Buchenvald sono certamente più noti, eppure sono la stessa cosa. Solo che i primi erano in Jugoslavia e gli internati erano migliaia di italiani. deportati dalla Venezia Giulia alla fine del secondo conflitto mondiale e negli anni successivi, a guerra finita, durante I'occupazione titina.
I DEPORTATI DIMENTICATI IN NOME DELLA POLITICA ATLANTICA
Una verità negata sempre, per ovvi motivi, dal regime di Belgrado, ma inspiegabilmente tenuta nascosta negli archivi del nostro ministero della Difesa. Oggi il Borghese è entrato in possesso dei documenti segreti che, oltre a fornire l'ennesima prova dell'Olocausto italiano sui confini orientali, sono un terribile atto di accusa non solo nei confronti di Tito, ma soprattutto verso tutti i governi che si sono succeduti dal 1945 in poi. Partendo da quello di Alcide De Gasperi e Palmiro Togliatti, per finire con gli ultimi di Silvio Berlusconi., Lamberto Dini e Romano Prodi. Perchè nessuno ha parlato? Perché nessuno ha tolto il segreto ai documenti che provano (con tanto di fotografie) il massacro e le torture di migliaia di italiani? Semplice: la verità è stata sacrificata alla ragion di Stato. Vediamo perché.
Belgrado, nell'immediato dopoguerra, si avvia sulla strada dello strappo con Mosca ed il nascente blocco occidentale vuole a ogni costo che quel divorzio si consumi. Ma il costo l'ha pagato solo il nostro Paese il cui governo, per codardia, accetta supinamente di sacrificare sull'altare della politica atlantica migliaia di giuliani, istriani, fiumani, dalmati. Colpevoli solo di essere italiani.
"Condizioni degli internati italiani in Jugoslavia con particolare riferimento al campo di Borovnica (40B-D2802) e all'ospedale di Skofjia Loka (11-D-2531) ambedue denominati della morte" titola il rapporto del 5 ottobre 1945, con sovrastampato "Segreto", dei Servizi speciali del ministero della Marina. Il documento, composto di una cinquantina di pagine, contiene le inedite testimonianze e le agghiaccianti fotografie dei sopravvissuti, accompagnate da referti medici e dichiarazioni dell'Ospedale della Croce Rossa di Udine, in cui questi ultimi erano stati ricoverati dopo la liberazione, e da un elenco di prigionieri deceduti a Borovnica. Il colonnello medico Manlio Cace, che in quel periodo ha collaborato con la Marina nel redigere la relazione che, se non è stata distrutta, è ancora gelosamente custodita negli archivi del ministero della Difesa, lasciò fotografie e copia del documento al figlio Guido, il quale lo ha consegnato alle redazioni del Borghese e di Storia Illustrata.
MANCA IL CIBO MA ABBONDANO LE FRUSTATE
"Le condizioni fisiche degli ex internati", premette il rapporto, "costituiscono una prova evidente delle condizioni di vita nel campi Jugoslavi ove sono ancora rinchiusi numerosi italiani, molti dei quali possono rimproverarsi solamente di aver militato nelle fila dei partigiani di Tito in fraterna collaborazione con i loro odierni aguzzini..."
Ai primi di maggio del '45, dopo la capitolazione tedesca, i partigiani di Tito controllano l'intera Istria, giungendo a Trieste e Gorizia prima degli anglo-americani. Sono i giorni del terrore, del calvario delle foibe, ma anche dell'altra terribile faccia della "pulizia etnica": le deportazioni. Sono migliaia gli italiani internati nei lager jugoslavi e poche centinaia faranno ritorno a casa, dopo aver subito terribili sofferenze.
"Il vitto era pessimo e insufficiente", racconta nel rapporto il carabiniere Damiano Scocca, 24 anni, preso dai titini il 1° marzo 1945 nella caserma del Cln di Trieste, "e consisteva in due pasti giornalieri composti da due mestoli di acqua calda con poca verdura secca bollita... A Borovnica non si faceva economia di bastonate; durante il lavoro sul ponte ferroviario nelle vicinanze del campo chi non aveva la forza di continuare a lavorare vi veniva costretto con frustate ... ". " ... Durante tali lavori", afferma il finanziere Roberto Gribaldo, in servizio alla Legione di Trieste e "prelevato" il 2 maggio, "capitava sovente che qualche compagno in seguito alla grande debolezza cadesse a terra e allora si vedevano scene che ci facevano piangere. Il guardiano, invece di permettere al compagno caduto di riposarsi, gli somministrava ancora delle bastonate e tante volte di ritorno al campo gli faceva anche saltare quella specie di rancio".
Le mire di Tito sul finire del conflitto sono molto chiare: ripulire le zone conquistate dalla presenza italiana e costituire la settima repubblica jugoslava annettendosi la Venezia Giulia e il Friuli orientale fino al fiume Tagliamento.
Antonio Garbin, classe 1918, è soldato di sanità a Skilokastro, in Grecia. L'8 settembre 1943 viene internato dal tedeschi e attende la "liberazione" da parte delle truppe jugoslave a Velika Gorica. Ma si accorge presto d essere nuovamente prigioniero. "Eravamo circa in 250. Incolonnati e scortati da sentinelle armate che ci portarono a Lubiana dove, dicevano, una Commissione apposita avrebbe provveduto per il rimpatrio a mezzo ferrovia. Giunti a Lubiana ci avvertirono che la commissione si era spostata ... ". I prigionieri inseguirono la fantomatica commissione marciando di città in città fino a Belgrado.
PRIGIONIERI UCCISI PERCHE' INCAPACI DI RIALZARSI
"In 20 giorni circa avevamo coperto una distanza di circa 500 chilometri, sempre a piedi", racconta ancora Garbin ai Servizi speciali della Marina italiana. "La marcia fu dura, estenuante e per molti mortale. Durante tutto il periodo non ci fu mai distribuita alcuna razione di viveri. Ciascuno doveva provvedere per conto proprio, chiedendo un pezzo di pane al contadini che si incontravano... Durante la marcia vidi personalmente uccidere tre prigionieri italiani, svenuti e incapaci di rialzarsi. I morti, però, sono stati molti di più... Ci internarono nel campo di concentramento di Osseh (vicino Belgrado, ndr), avevamo già raggiunto la cifra di 5 mila fra italiani, circa un migliaio, tedeschi, polacchi, croati ... ".
Chi appoggia Tito nel perseguire il suo obiettivo di egemonia sulla Venezia Giulia?
Naturalmente il leader del Pci Palmiro Togliatti, che il 30 aprile 1945, quando i partigiani titini sono alle porte di Trieste, firma un manifesto fatto affiggere nel capoluogo giuliano:
"Lavoratori di Trieste, il nostro dovere è accogliere le truppe di Tito come liberatrici e di collaborare con loro nel modo più assoluto"
A confermare che la pulizia etnica è continuata anche a guerra finita sono le affermazioni di Milovan Gilas, segretario della Lega comunista jugoslava, che, in un intervista di sei anni fa a un settimanale italiano, ammette senza giri di parole: "nel 1946 io ed Edvard Kardelj andammo in Istria ad organizzare la propaganda anti-italiana... bisognava indurre gli italiani ad andare via con pressioni di ogni tipo. Massacri di civili, violenze, torture, affogamenti di massa, mutilazioni... Così fu fatto"

SKOFJA LOKA, L'OSPEDALE CHIAMATO "CIMITERO"
E nei campi di concentramento finiscono anche i civili, come Giacomo Ungaro, prelevato dai titini a Trieste il 10 maggio 1945 "Un certo Raso che attualmente trovasi al campo di Borovnica", è la dichiarazione di Ungaro, "per aver mandato fuori un biglietto è stato torturato per un'intera nottata., è stato poi costretto a leccare il sangue che perdeva dalla bocca e dal naso; gli hanno bruciacchiato il viso e il petto così che aveva tutto il corpo bluastro. Sigari accesi ci venivano messi in bocca e ci costringevano ad ingoiarli".
I deperimenti organici, la dissenteria. le infezioni diventano presto compagni inseparabili dei prigionieri. "Fui trasferito all'ospedale di Skofja Loka. Ero in gravissime condizioni", è il lucido resoconto del soldato di sanità Alberto Guarnaschelli, "ma dovetti fare egualmente a piedi i tre chilometri che separano la stazione ferroviaria dalI'ospedale. ...Eravamo 150, ammassati uno accanto all'altro, senza pagliericcio, senza coperte. Nella stanza ve ne potevano stare, con una certa comodità, 60 o 70.Dalla stanza non si poteva uscire neppure per fare i bisogni corporali. A tale scopo vi era un recipiente di cui tutti si dovevano servire. Eravamo affetti da diarrea, con porte e finestre chiuse. Ogni notte ne morivano due, tre, quattro. Ricordo che nella mia stanza in tre giorni ne morirono 25. Morivano e nessuno se ne accorgeva ... "."Non dimenticherò mai i maltrattamenti subiti", è la testimonianza del soldato Giuseppe Fino, 31 anni, deportato a Borovnica ai primi di giugno 1945, "le scudisciate attraverso le costole perchè sfinito dalla debolezza non ce la facevo a lavorare. Ricorderò sempre con orrore le punizioni al palo e le grida di quei poveri disgraziati che dovevano stare un'ora anche due legati sospesi da terra; ricorderò sempre con raccapriccio le fucilazioni di molti prigionieri, per mancanze da nulla, fatte la mattina davanti a tutti..."."Le fucilazioni avvenivano anche per motivi futili ...", scrive il rapporto segreto riportando il racconto dei soldati Giancarlo Bozzarini ed Enrico Radrizzali, entrambi catturati a Trieste il 1° maggio 1945 e poi internati a Borovnica.
PER ORE LEGATI A UN PALO CON IL FILO DI FERRO!
"La tortura al palo consisteva nell'essere legato con filo di ferro ad ambedue le braccia dietro la schiena e restare sospeso a un'altezza di 50 cm da terra, per delle ore. Un genovese per fame rubò del cibo a un compagno, fu legato al palo per più di tre ore. Levato da quella posizione non fu più in grado di muovere le braccia giacchè, oltre ad avere le braccia nere come il carbone, il filo di ferro di ferro era entrato nelle carni fino all'osso causandogli un'infezione. Senza cura per tre giorni le carni cominciarono a dar segni di evidente infezione e fuoriuscita di essudato sieroso purulento, quindi putrefazione. Fu portato a una specie di ospedale e precisamente a Skofja Loka. Ma ormai non c'era più niente da fare, nel braccio destro già pullulavano i vermi... AI campo questo ospedale veniva denominato il Cimitero…."Nel lager di Borovnica furono internati circa 3 mila italiani, meno di mille faranno ritorno a casa. A questi ultimi i soldati di Tito imposero di firmare una dichiarazione attestante il "buon trattamento" ricevuto. "I prigionieri (liberati, ndr) venivano diffidati a non parlare", racconta ancora Giacomo Ungaro, liberato nell'agosto 1945, "e a non denunziare le guardie agli Alleati perchè in tal caso quelli che rimanevano al campo avrebbero scontato per gli altri".
TORTURE NEI LAGER DI TITO
Per conoscere gli orrori di un campo di concentramento titino è opportuno riassumere i vari tipi di punizione, come emergono dai racconti dei sopravvissuti.
La prima è la fucilazione decretata per la tentata fuga o per altri fatti ritenuti gravi da chi comanda il campo, il quale commina pena sommarie. Spesso il solo avvicinarsi al reticolato viene considerato un tentativo d’evasione. L’esecuzione avviene al mattino, di fronte a tutti gli internati.
C’è poi il "palo" che è un’asta verticale con una sbarra fissata in croce: ai prigionieri vengono legate le braccia con un fil di ferro alla sbarra in modo da non toccare terra con i piedi. Perdono così l’uso degli arti superiori per un lungo tempo se la punizione non dura troppo a lungo. Altrimenti per sempre.
Altra pena è il "triangolo" che consiste in tre legni legati assieme al suolo a formare la figura geometrica al centro della quale il prigioniero è obbligato a stare ritto sull’attenti pungolato dalle guardie finchè non sviene per lo sfinimento.
Infine, c’è la "fossa", una punizione forse meno violenta ma sempre terribile, che consiste in una stretta buca scavata nel terreno dell’esatta misura di un uomo. Il condannato, che vi deve rimanere per almeno mezza giornata, non ha la possibilità nè di piegarsi nè di fare alcun movimento.
QUESTO ERA IL TRATTAMENTO CHE I PACIFICI COMUNISTI RISERVAVANO AI PRIGIONIERI NEI LORO LAGER
Queste persone, questi martiri, non hanno avuto (stranamente) una Anna Frank o un Primo Levi che li ricordasse, che testimoniasse l'orrore dei campi di concentramento comunisti. Alle vittime dei Nazisti non manca un solo quartiere che non abbia una strada a loro dedicata.
Le vittime dei regimi Comunisti passano da sempre inosservate... E già, Anna Frank e Primo Levi erano ebrei, quindi le vittime delle guerre sono sempre e unicamente loro: gli ebrei. Le foto che seguono sono la testimonianza che le Stragi e le Deportazioni di massa, ad opera dei post-titini, esistono ancora. Io mi chiedo: Quante persone avrebbe dovuto uccidere Milosevic prima di essere condannato a un nuovo Processo di Nurimberga?

Come si può pensare solo lontanamente che si faccia Giustizia nei Balcani quando non è stata resa Giustizia alle Vittime delle Foibe?
PENSIAMO SOLO E UNICAMENTE AD AUSCHWITZ COME UNICO MASSACRO DELLA STORIA?
Il costante dominio dei Mass-Media,il controllo Totale dell'informazione e della "formazione dell'ESSERE" tramite libri di testo, perpetrata da Ebrei e Comunisti ai danni di individui inconsapevoli, fa si che tutto quello che non è conforme al loro insegnamento diabolico risulti nullo e invisibile all'occhio umano!
Anche davanti all'evidenza più cruda!!
Dalla costituzione dello stato di Israele ci hanno bombardato costantemente di messagggi politici subliminali, al punto di farci vedere Auschwitz anche in una ragazza che beve la Coca Cola!
TUTTI GLI ALTRI ORRORI NON CI DEVONO RIGUARDARE?

Concedimi

Ci sono situazioni nella vita che non si possono cambiare, per quanti sforzi si facciano, per quante speranze si abbiano... è sempre molto difficile accettarle e spesso si viene travolti dalla disperazione: “ Perché proprio a me? Perché alle persone a cui voglio bene?” Viene spontaneo pensare “ Cosa ho fatto di sbagliato per meritarmi questo?” Quante volte è capitato di pensare così?
A me è capitato spesso…
Altre volte ci rendiamo conto invece che potremmo fare effettivamente qualcosa per cambiare una situazione che non ci piace…ma occorrerebbero molto coraggio, determinazione, sacrificio…e cominciamo a rimuginare, a pensare, a tentennare…temiamo di sbagliare, di non farcela, di lasciare il certo per l’incerto…e quell’attimo propizio ci sfugge di mano lasciandoci il rimpianto di non aver saputo cogliere quell’occasione, di essere stati troppo fragili e timorosi…
Credo che questa preghiera indiana voglia consigliare proprio questo: imparare ad accettare ciò che è inevitabile, riuscire a farsene una ragione, per usare tutte le proprie energie verso ciò che invece può essere fattibile, con la volontà, il sacrificio, l’impegno….Non crogiolarsi nei rimpianti per il passato, per ciò che è stato e che non tornerà, ma rivolgersi al presente, costruendo per il futuro…



lunedì 5 marzo 2007

Da venerdì pugno duro contro le stragi del sabato sera

Più di un morto al giorno: sembra non voler diminuire il drammatico trend che ha visto, dall'inizio del mese ad oggi - in soli 5 giorni quindi - perdere la vita sulle strade cuneesi ben sei persone. Pugno di ferro delle forze dell’ordine in provincia contro le stragi del sabato sera. Dopo i numerosi incidenti stradali a partire da venerdì prossimo saranno intensificati i controlli su strade e autostrade con particolare attenzione alle zone che si trovano nei pressi delle discoteche.
Raffaele Costa, ha rilasciato la seguente dichiarazione: “Da alcuni giorni sono ripresi tragicamente gli incidenti stradali mortali in provincia di Cuneo. Dopo circa 30 mesi di riduzione del crudele fenomeno, il mese di febbraio 2007 fa registrare un’impennata drammatica. I morti dal 1 febbraio ad oggi in provincia di Cuneo sono stati ben 7, il doppio circa dello scorso anno. Sento il dovere di richiamare non solo gli automobilisti ad una maggiore prudenza, ma tutti coloro che hanno responsabilità nelle loro funzioni repressive o preventive.Fra pochi giorni pubblicheremo alcuni atti importanti relativi ad iniziative già assunte dalla Provincia in forma autonoma o in collaborazione con la Regione.

L’appello è, però, rivolto a tutta la società e soprattutto ai giovani, vittime d’imprudenze e talvolta di errori altrui o di strade inadeguate affrontate in modo ingiustificato - continua Costa -. Un appello rivolgo alle forze dell’ordine, ai titolari di discoteche e di autoscuole, alle associazioni giovanili, agli istituti scolastici. Fra poche settimane avranno luogo, a livello nazionale e locale, giornate dedicate alla sicurezza: la Provincia di Cuneo auspica, però, che la sicurezza divenga il primo tema di lavoro quotidiano per tanti operatori. Se vogliamo difendere più efficacemente la nostra vita pensiamo, anche solo per un momento, al dolore atroce che stanno provando da giorni alcune famiglie della nostra terra”.

Non c'è altro da aggiungere, se non per dire: non dimentico Mec, Stefano, Barbara, Giga, Gregory, Alberto e famiglia, Susanna...